Peace Brigades International esprime la sua più profonda preoccupazione per le gravi violazioni dei diritti umani che si stanno verificando nel contesto della guerra in Ucraina
Comunicato stampa di Marzo 2022
Peace Brigades International esprime la sua più profonda preoccupazione per le gravi violazioni dei diritti umani che si stanno verificando nel contesto della guerra in Ucraina e per l'escalation bellica del conflitto.
“Come organizzazione impegnata per la pace, la risoluzione nonviolenta dei conflitti e la smilitarizzazione, uniamo la nostra voce a quella di coloro che chiedono la fine immediata di questa guerra".
L'Ufficio dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Diritti Umani (OHCHR) ha già registrato 1.761 vittime civili (di cui 636 mort*) in Ucraina dal 24 febbraio (inizio dell'aggressione Russa) fino al 13 marzo. L'OHCHR ha dichiarato di “ritenere che le cifre effettive siano considerevolmente più elevate". È stato anche riferito che durante questo periodo si stima siano morti 1.300 soldati ucraini e fino a 6.000 soldati russi.
L’invio di materiale bellico, così come la legittimazione di un atteggiamento bellicista, desta in noi estrema preoccupazione.
Nonostante l'appello del segretario dell'Onu, Antonio Guterres, per «l'immediata cessazione delle ostilità e la promozione di seri negoziati basati sui principi della Carta delle Nazioni Unite e del diritto internazionale”, molti Paesi hanno risposto con la spedizione di materiale bellico e la promessa di aumentare le spese militari.
L'impatto di questa iniziativa ci preoccupa, poiché potrebbe portare al perpetuarsi del conflitto armato e alla sofferenza per la popolazione civile a livello mondiale. Allo stesso modo, siamo preoccupati che sotto lo slogan della "sicurezza", vengano riconosciuti come "importanti alleati" della NATO Paesi ed eserciti contro i quali esistono denunce e sentenze per gravi violazioni dei diritti umani e crimini contro l'umanità.
“PBI invita tutte le parti, in particolare i leader politici e i media, a fare estrema attenzione al linguaggio nel contesto dei discorsi pubblici e, soprattutto, ad esplorare tutti i canali diplomatici possibili per la costruzione di uno scenario di pace”.
In uno scenario di polarizzazione internazionale, la stigmatizzazione delle posizioni pacifiste è allarmante.
Deploriamo l’arresto in Russia di oltre 14.000 manifestanti contro la guerra dall’inizio dell’aggressione all’Ucraina tre settimane fa, oltre all’entrata in vigore il 4 marzo di una legge che criminalizza le proteste contro la guerra e l’informazione indipendente sul conflitto e sull’esercito, con pene fino a 15 anni di reclusione. Esprimiamo inoltre preoccupazione per le punizioni applicate da Russia e Ucraina agli obiettori di coscienza che rifiutano di partecipare alla guerra.
Esprimiamo inoltre grande preoccupazione per la situazione dei difensori e delle difensore dei diritti umani in entrambi i Paesi.
“PBI solidarizza con le diverse iniziative della società civile ucraina e russa che portano avanti alternative di mutuo supporto nonviolento nel mezzo della guerra, in particolare con le organizzazioni e i movimenti femminili”.
In uno scenario globale segnato dall'emergenza climatica, la volontà di arrestare il finanziamento dell'esercito russo fermando le esportazioni russe di gas e petrolio verso l'Europa, non deve tradursi in un aumento dell’estrattivismo a danno delle azioni per il clima.
Ad esempio, il governo canadese ha dichiarato che potrebbe aumentare la sua produzione di petrolio di 200.000 barili al giorno per sostituire le esportazioni di petrolio russo in Europa. Allo stesso tempo, la compagnia canadese TC Energy continua a costruire il gasdotto Coastal GasLink nel territorio dei Wet'suwet'en senza il loro consenso libero, preventivo e informato. L'acciaio per quel gasdotto proviene da Evraz PLC, il cui maggiore azionista è un oligarca russo.
“PBI rivolge un appello a promuovere una normativa vincolante che obblighi le imprese al pieno rispetto dei Diritti Umani lungo tutta la loro filiera e a garantire un investimento economico socialmente e ambientalmente sostenibile”.
Il discorso dominante sulla sicurezza associata alla militarizzazione delle società rappresenta un passo indietro. Miliardi in più spesi per le armi non renderanno il mondo più sicuro.
Nel 2020, la spesa militare nel mondo ha continuato a crescere fino a quasi 2 trilioni di dollari, con un aumento del 2,6% rispetto al 2019. La Russia ha speso 61,7 miliardi di dollari, mentre Germania, Spagna, Francia, Italia, Paesi Bassi, Regno Unito e Canada insieme hanno speso 246,6 miliardi di dollari. Gli Stati Uniti hanno speso 778 miliardi di dollari, portando la spesa della NATO a oltre un miliardo di dollari nel 2020.
Dall'inizio della guerra, la tendenza è aumentata, e paesi come Spagna, Germania, Francia, Italia e Canada hanno dichiarato che aumenteranno le loro spese militari. La Spagna attualmente spende l'1,4% del suo PIL per l'esercito, il suo governo ora dice che aumenterà al 2%. Il Canada spende l'1,39% del suo PIL per l'esercito, il ministro della Difesa adesso cerca di "superare il livello del 2%", il che significa circa 20 miliardi di dollari in più all'anno.
“In PBI siamo impegnati per un concetto di sicurezza legato alla tutela dei Diritti Umani, attraverso la cura della vita, degli ecosistemi e dei beni comuni. L'intensificazione della conflittualità in questa guerra, così come in altre, che passano sotto silenzio e/o sono di bassa intensità, richiama la necessità urgente di rafforzare gli strumenti civili di cooperazione per lo sviluppo volti alla gestione dei conflitti e alla promozione di una pace effettiva e duratura”.